Amore e Marte
OTIA SI TOLLAS PERIERE CUPIDINIS ARCUS Cantata morale a 4, Genova, 1680 Parole di D. Benedetto Pampilio Musica d’Alessandro Stradella
Prima esecuzione in epoca moderna
Il Concento Ecclesiastico
Interlocutori
Amore Mara Bezzi, soprano Diana Alessandra Vavasori, mezzo-soprano Apollo Jacqueline Trebitsch, mezzo-soprano Marte Daniela Lavagna, contralto
Choro
Cantus I Luisa Bagnoli, Carlo Bavastro, Luisa Cuneo, Linda Jongeneel Cantus II Patrizia Bozzo, Alberto Cerin, Alessandra Secci Altus Alessandra Gattino, Raffaella Romano, Federico Wrubl, Linda Zunino
Basso Continuo Elena Cicinskaite, tiorba Luca Soattin, chitarra barocca Nicola Paoli, violoncello Federico Bagnasco, violone Roberto Salsedo, clavicembalo
LUCA FRANCO FERRARI, direttore
La fama di Alessandro Stradella è legata forse più agli innumerevoli e romanzeschi intrighi amorosi e scandali dei quali è stato protagonista e all’assassinio avvenuto a Genova nel 1682, che alla sua vasta e altissima produzione musicale. I contributi da lui portati soprattutto all’evoluzione del genere della cantata ne fanno un protagonista indiscusso della scena musicale del Seicento. Attivo a Roma, dove compone per Cristina di Svezia e per i Colonna, e nelle principali piazze teatrali europee, approda a Venezia, dove la liaison con l’amante del nobile Alvise Contarini lo costringe alla fuga insieme alla ragazza e, forse, anche ad alcuni gioielli sottratti per buonuscita. I due fuggitivi trovano prima riparo dalla vendetta del potente veneziano a Torino, ma qui i sicari del Contarini li raggiungono e tentano di uccidere Stradella davanti al convento nel quale alloggia la giovane. Cacciato dagli stati sabaudi, dove il suo tentato omicidio provoca un incidente diplomatico, approda finalmente a Genova nel 1678. La sua fama di compositore lo ha preceduto: la nobiltà cittadina non vuol lasciarselo sfuggire, e gli offre vantaggiose condizioni purché rimanga. Subito i suoi protettori gli trovano impiego come maestro sostituto al teatro Falcone, uno dei più attivi sulla scena italiana, dove inizialmente“regge l’orchestra” e aiuta le cantanti. Ma già la stagione del Carnevale 1678-79 vede rappresentate ben tre opere di Stradella (La forza dell’amor paterno e Trespolo tutore le più note); mentre il cambio di gestione del teatro nella stagione successiva, con la conseguente riduzione di opere nuove, fa sì che Stradella si dedichi maggiormente alle numerose commissioni provenienti dalla nobiltà genovese e dall’esterno per musica da camera e da chiesa. E’ proprio in questo periodo che scrive la cantata Amore e Marte (“Alle selve agli studi all’armi”) per due soprani, due contralti e basso continuo su testo del cardinale Benedetto Pamphili, celebre letterato e librettista, tra i favoriti di Haendel. Il manoscritto, conservato nella Biblioteca estense di Modena, porta sul frontespizio un motto latino, citazione dai Remedia amoris di Ovidio, “Otia si tollas periere cupidinis arcus”, che riassume la trama del testo. Apollo, Marte e Diana, dediti interamente alle loro occupazioni preferite, si dichiarano grazie a ciò insensibili ai terribili strali di Amore. Questi, offeso per essere stato deriso e disprezzato, sfida le tre deità e prova a scalfirne la virtù con il veleno dei suoi dardi, ma invano: “dove l’ozio non regna, amore è inerme”: Amore, vinto, cede le armi e riconosce il suo fallimento. La cantata presenta una successione di recitativi, arie, duetti e terzetti accompagnati dal basso continuo. Le arie, come è consuetudine di Stradella, presentano le più svariate forme coerentemente con la struttura del testo. Troviamo quindi arie “aperte” con forma abb’, qualche aria strofica e soprattutto l’abituale aria col da capo stradelliana (abb’a), dove il da capo è scritto per intero con variazioni e abbellimenti, senza lasciare spazio all’improvvisazione del cantante. Non mancano varietà di affetti e virtuosismi, raffinatezze cameristiche e rimandi agli effetti teatrali più collaudati (come nell’aria d’ira di Amore “Volarò, ferirò”). Solo due anni dopo la composizione di questa cantata, com’è noto, Stradella concluderà tragicamente la sua esistenza: dopo gli ennesimi intrighi amorosi con le mogli di alcuni patrizi cittadini, verrà accoltellato da un sicario in piazza Banchi a Genova. La fama e la stima delle quali godeva saranno testimoniate dalle centinaia di candele accese e dalle numerose messe in suffragio subito pagate per la sua anima, e dalla degna sepoltura, purtroppo non sopravvissuta al tempo, in una delle chiese più aristocratiche della città.
Luisa Bagnoli
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